Gennaro Corduas

Artista che inizia a cimentarsi con l’arte dopo averla studiata ed apprezzata, Pasquale Sorrentino ha vissuto fino a poco fa la comune ritrosia degli artisti che intendono le loro creazioni come continue sperimentazioni, ad uscire dal loro studio, ma, una volta raggiunta la maturità tecnica, hanno deciso di confrontarsi con gli sguardi ed i giudizi del mondo esterno. Infatti, la sua arte nasce e si alimenta dalla ricerca, sui materiali in primo luogo, spaziando dall’uso della pittura tradizionale, alla scultura lignea, all’uso della juta, del vetro, della plastica e del più moderno polistirolo; sulle forme espressive inoltre, alternando immagini sia figurative che astratte. Questo perché il suo fine ultimo è quello di sviscerare ed indagare le emozioni della vita quotidiana e trasferirle con immediatezza istintiva sull’opera che si pone a sollecitare la nostra fantasia e le nostre riflessioni sul mondo. Arte intimistica dunque, la sua, ma mai ripiegata su se stessa, anzi pervasa di una forza quasi brutale, che si impone a chi la osserva attraverso forme sintetiche, quasi compendiarie, che molto devono al suo iniziale ispirarsi alle primordiali e potenti espressioni artistiche dei popoli africani. Il suo tentativo, in questo caso, era quello di far venir fuori, di restituire un’anima ed una forma di simbolo ancestrale e, quindi, di immediata percezione, ad un materiale nobile come il legno. In seguito è riuscito, partendo da queste premesse, a recuperare, attualizzandola, l’antica unità di tutte le arti, cercando nella pittura su tela, non più la profondità, ma il rilievo; le sue tele diventano, con l’impiego dei materiali più diversi, tridimensionali, dei veri e propri bassorilievi multimaterici che egli stesso, nelle propria recente attività, ha teorizzato come risultato di una sintesi dimensionale. Sintesi, a mio giudizio, sia di forme, per la presenza di figurine allungate prive di riferimenti somatici, quasi archetipi dell’umanità, che di spazi, volutamente piatti, a larghe campiture uniformi di colore, quasi in un recupero attualizzato degli antichi fondi oro dei dipinti, che sbalzano ancor più verso l’osservatore i personaggi. Questa “meta” teorica si affianca a tematiche forti, spesso di soggetti religiosi o che intendono imporre la sua voce, come artista, di denuncia della realtà contemporanea “massificata” e legata solo all’effimero delle immagini fugaci dei mass-media. Altre volte parla attraverso i colori, come nel ciclo dedicato ai Continenti; colori caldi, il giallo, l’arancio, il rosso, a stesure “fiammeggianti”, a ricordarci il calore della Madre Terra, accostati ed intrecciati per contrasto a tinte fredde, quasi algide; il verde, l’azzurro in tutte le sue tonalità, che rimandano al continuo brulicare della vita nelle acque, ma anche alla sua forza dirompente e distruttrice. Ciò che sorprende nella sua arte è la capacità di padroneggiare forme espressive e linguaggi vari e diversi, a volte quasi contrastanti, affiancando a soggetti come quelli già descritti, sognanti e metamorfiche figurine muliebri, dalle forme sinuose e delicate, quasi di ispirazione liberty, immagini sensuali “fiorite” lentamente dalla fantasia dell’artista. Ma in tutte queste creazioni, generate dalle sue ricerche e dalla sua ampia conoscenza dell’arte passata, si ritrova un elemento comune: da esse emerge un’intima religiosità, una profonda sensazione di equilibrio, di pace interiore, pur faticosamente raggiunta, dell’artista con il Creato e, finalmente, con le sue creazioni. Arte vitale in conclusione, quella di Sorrentino, che nasce dalla vita per ritornare ad essa rinnovata e carica di significati.